domenica 13 dicembre 2009

Un sogno chiamato Australia


Finalmente mi sono decisa a pubblicare il mio diario di viaggio, anche se più che viaggio lo definirei il mio "walkabout". Lo stesso viaggio tra luoghi fisici e luoghi dell'anima che gli aborigeni australiani hanno per secoli intrapreso per vivere e raccontare sensazioni, ricordi ed emozioni.

L'Australia, quell'isolotto sottosopra a soli (si fa per dire) 16.000 kilometri dal BelPaese. Una terra di cui ti innamori alla sola vista delle sue foto e che ti strega dal primo momento in cui vi metti piede. Tra tutti i paesi visitati, è stato l'unico che per un certo senso mi abbia fatto sentire a casa.

Il giorno della mia partenza - 18 gennaio 2009 - non lo potrò mai dimenticare; lo si può forse paragonare alla famosa notte prima degli esami.

Alla fermata dell'autobus in attesa di andare all'aeroporto stavo letteralmente congelando con il mio abbigliamento decisamente poco invernale, dovendo partire per un luogo dove le temperature variano dai 37 ai 43° e con lo zaino in spalla, non puoi di certo concederti il lusso di portarti dietro cappotti e maglioni vari che occupanno spazio e caricano la schiena.

Dal finestrino dell'autobus vedo un bellissimo arcobaleno...un regalo gentilmente concessomi dopo un'incessante pioggia dublinese. E per un attimo penso che almeno per 3 settimane e mezzo non vedrò una singola gocciolina cadere giù dal cielo. (Qui mi sbagliamo, ma vi racconterò in seguito).

Prima destinazione: Francoforte. Fino a lì non avevo ancora realmente capito che stessi davvero partendo per Oz. Poi alla vista del simbolo della Qantas sullo schermo è stato come un risvegliarsi da uno stato di trance. Stavo veramente imbarcandomi per l'Australia. Al gate in attesa dell'mbarco, comincio a scorgere i primi segni riconducibili al mio imminente viaggio australiano.

Gente che indossa i colori giallo e verde simboli dell'Australia come il nostro amatissimo azzurro. Omoni che indossano il cappello alla Mr. Crocodile Dundee e un signore che con tutta nonchalance ci intrattiene con il suono dei suoi gas intestinali. E io in quel momento spero vivamente che quest'ultima non faccia parte del folklore australiano.

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